Cinquant’anni di Oristano agricola: dal granaio della Sardegna al laboratorio del cibo come bene comune

Un’eredità che guarda al futuro: rifondare l’Accademia Agraria ed Economica della Sardegna
25 Novembre 2025
Un’eredità che guarda al futuro: rifondare l’Accademia Agraria ed Economica della Sardegna
25 Novembre 2025
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Cinquant’anni di Oristano agricola: dal granaio della Sardegna al laboratorio del cibo come bene comune

Nel doppio anniversario dei 50 anni di Coldiretti Oristano e della Provincia di Oristano, un territorio che resta il cuore agricolo dell’isola si interroga sul proprio futuro tra insularità, logistica, nuove filiere e ruolo dei corpi intermedi.

Nel 1975 nascono, quasi in contemporanea, due soggetti che segneranno profondamente la storia dell’Oristanese: la Provincia di Oristano e Coldiretti Oristano. Cinquant’anni dopo, questo doppio anniversario non è solo un’occasione celebrativa: è un invito a guardare con lucidità alla traiettoria di un territorio che resta, ancora oggi, la provincia più agricola della Sardegna, ma immersa in un contesto demografico, economico e geopolitico profondamente mutato. Il convegno organizzato da Coldiretti Oristano, dedicato al tema “Il cibo: da commodity a fulcro dell’esistenza dei popoli”, offre l’occasione per una riflessione più ampia che coinvolge il sistema camerale, le istituzioni locali e le organizzazioni professionali agricole.

Da periferia interna a provincia consapevole Cinquant’anni fa l’Oristanese è un territorio rurale, disperso, con tanti paesi e poche città, segnato da forti processi migratori e da una domanda diffusa di riconoscimento istituzionale.

La nuova provincia nasce proprio con questa missione: avvicinare lo Stato e la Regione a comunità percepite da tempo come “periferia della periferia”. Oggi la fotografia è diversa: la popolazione complessiva è diminuita, l’età media è aumentata, e il tema centrale è la tenuta demografica e la capacità di trattenere giovani e competenze. Eppure, in questa trasformazione, un elemento appare sorprendentemente stabile: la vocazione agricola del territorio. Se a livello nazionale l’agricoltura pesa per pochi punti percentuali sul valore aggiunto, in provincia di Oristano un euro su undici continua a nascere dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalla pesca. È un dato che fa di questo territorio non solo il “granaio della Sardegna”, ma anche un laboratorio naturale per sperimentare nuove politiche sul cibo, sulla logistica e sulla coesione sociale.

Cinquant’anni di agricoltura oristanese: meno aziende, più valore per ettaro Il confronto tra l’agricoltura di ieri e quella di oggi è eloquente.

All’inizio degli anni Settanta il territorio che diventerà provincia di Oristano conta quasi diecimila aziende agricole distribuite su oltre duecentomila ettari di superficie agricola utilizzata. Il paesaggio è quello della policoltura estensiva: cereali, foraggere, pascoli, con l’irrigazione in espansione ma ancora non generalizzata. La trasformazione delle bonifiche di Arborea e del Campidano oristanese è in corso, la zootecnia da latte cresce ma le filiere sono ancora poco strutturate. Oggi le aziende sono molte meno – nell’ordine di poche migliaia, mediamente più grandi – e la SAU complessiva si è ridotta. In mezzo, mezzo secolo di:
  • concentrazione fondiaria;
  • crescita della dimensione media aziendale;
  • incremento della specializzazione colturale (riso, latte bovino, vigneti e oliveti di qualità, orticoltura irrigua);
  •  maggiore integrazione con la trasformazione industriale, il commercio, il turismo.
Si potrebbe riassumere così: meno terra coltivata, meno aziende, ma più valore aggiunto per ettaro e più filiera. Questo processo non è stato indolore: molte aziende familiari hanno chiuso, altri hanno scelto strade diverse. Ma chi è rimasto ha spesso investito in tecnologia, qualità, tracciabilità e servizi, trasformando l’azienda agricola in impresa moderna, connessa ai mercati e ai consumatori.

L’insularità come costo strutturale: la logistica al centro In questo scenario, la grande variabile che non possiamo ignorare è l’insularità.

Per le imprese sarde – e per quelle oristanesi in particolare – la distanza dai mercati si traduce in un sovra-costo logistico strutturale, che incide sui margini di prodotti spesso già compressi da dinamiche di prezzo non favorevoli. Il tema del cosiddetto “doppio nolo” – un costo per uscire dall’isola, un altro per raggiungere i mercati continentali – rende plastica la disparità competitiva. Per il lattiero-caseario, per l’olio, per il vino, per l’agroalimentare di qualità, questo significa partire svantaggiati prima ancora di arrivare sullo scaffale di Milano, Berlino o New York. Qui la logistica smette di essere un tema tecnico per addetti ai lavori e diventa questione strategica:
  • dipendenza da pochi porti e pochi operatori;
  • frequenze non sempre adeguate ai flussi delle merci;
  • intermodalità incompiuta tra porti, retroporti, ferrovia, piattaforme logistiche;
  • necessità di integrare in modo credibile le strategie sull’energia verde e sulla decarbonizzazione dei trasporti.
Se, come ricordano Vincenzo Gesmundo, Roberto Weber e Felice Adinolfi nel volume “Il cibo a pezzi. La guerra nel piatto”, la guerra del nostro tempo si combatte anche nel piatto, allora la logistica è uno dei fronti decisivi di questa battaglia: decide chi può stare sul mercato globale e chi ne resta ai margini.

Dal cibo-commodity al cibo-patto Il passaggio da “cibo-commodity” a “cibo-fulcro dell’esistenza dei popoli” implica un cambio di paradigma.

Non si tratta solo di riconoscere più valore economico alle produzioni agricole, ma di ridefinire politiche, relazioni e responsabilità attorno al cibo. In questa prospettiva, si delineano almeno quattro cantieri su cui il territorio oristanese può giocare un ruolo di avanguardia.
1) Un Patto territoriale per il Cibo Un Patto per il Cibo che unisca Coldiretti, le altre organizzazioni professionali agricole, la Camera di commercio, la Provincia, i Comuni, il mondo cooperativo, la sanità, la scuola. Un’alleanza che:
  • riconosca il cibo come bene comune, non soltanto come merce;
  • promuova filiere corte e trasparenti, con un’equa distribuzione del valore lungo la catena;
  • metta al centro la sicurezza alimentare, la qualità, la tracciabilità, il legame con il territorio;
  • faccia del reddito agricolo una questione di democrazia sostanziale, non un problema settoriale. In un territorio in cui l’agricoltura incide ancora così tanto sul valore aggiunto, un Patto di questo tipo sarebbe anche un Patto per il Lavoro e per la Coesione sociale.
2) Rifondare l’Accademia Agraria ed Economica della Sardegna Il secondo cantiere è culturale e istituzionale: la rifondazione dell’Accademia Agraria ed Economica della Sardegna, di cui già oggi si discute. Se il cibo è tema geopolitico, ambientale, sanitario e culturale, serve un luogo che:
  • dia dignità alla riflessione agraria, troppo spesso relegata a tema tecnico;
  • metta in dialogo ricerca, imprese, istituzioni, mondo agricolo;
  • produca visioni di lungo periodo su suolo, acqua, energia, paesaggio, insediamenti produttivi.
L’Oristanese, con la sua storica vocazione agricola, è il territorio naturale per ospitare un simile progetto e farne un motore di pensiero e di proposta per l’intera isola.
3) Il distretto agroalimentare oristanese come laboratorio Il terzo cantiere è operativo: trasformare il discorso sul distretto agroalimentare in un percorso concreto, fatto di governance, strumenti, obiettivi misurabili. Significa:
  • costruire un cruscotto condiviso di dati su imprese, occupazione, export, logistica, costi di insularità;
  • rafforzare filiere organizzate (latte, cereali, riso, vino, olio, ortofrutta) con strumenti come contratti di rete, marchi collettivi, progetti di internazionalizzazione;
  • integrare il tema del cibo con quello del turismo identitario, del paesaggio, del patrimonio culturale (dal Sinis a Mont’e Prama, dal Montiferru alle aree interne).
Un distretto così inteso non è un’etichetta, ma una piattaforma di cooperazione tra imprese e istituzioni, un luogo dove si costruiscono soluzioni concrete ai problemi di oggi.
4)  Un Fondo europeo per l’insularità .
Infine, il livello sovra-regionale: la proposta di un Fondo europeo per l’insularità. L’articolo 174 del TFUE riconosce la condizione insulare come elemento di svantaggio da compensare, ma questo principio è rimasto finora in gran parte sulla carta. L’idea è semplice: se sei isola, hai costi aggiuntivi strutturali – soprattutto logistici – che devono essere misurati e compensati in modo stabile. Un fondo dedicato potrebbe:
  • quantificare il differenziale di costo logistico per le PMI delle isole;
  • orientare risorse verso filiere agroalimentari e logistica sostenibile;
  • creare condizioni di concorrenza più eque tra periferie insulari e regioni continentali.

In questo quadro, il sistema camerale sardo, insieme alle organizzazioni agricole come Coldiretti, può portare a Bruxelles una voce autorevole e unitaria: non privilegi, ma parità di condizioni. – Il ruolo dei corpi intermedi: Coldiretti, Camera di commercio, Provincia In tutti questi cantieri, il ruolo dei corpi intermedi è decisivo. Coldiretti, la Camera di commercio, la Provincia, le cooperative e le altre associazioni economiche sono i luoghi in cui l’interesse individuale del singolo imprenditore si compone in un interesse collettivo organizzato. Cinquant’anni fa la battaglia era per avere una provincia, una rappresentanza, una voce. Oggi la sfida è diversa ma non meno impegnativa: tradurre quella voce in progetti, investimenti, politiche, visioni condivise, all’altezza di un mondo in cui il cibo è sempre meno un fatto locale e sempre più un nodo globale. L’Oristanese, con la sua storia agricola, le sue fragilità demografiche, la sua centralità nel sistema produttivo sardo, può diventare il laboratorio in cui si sperimenta questo nuovo patto sul cibo. Se sapremo tenere insieme memoria e innovazione, radici e futuro, allora il doppio compleanno di Coldiretti Oristano e della Provincia non sarà solo una ricorrenza, ma l’inizio di un nuovo ciclo di sviluppo per il territorio e per l’intera Sardegna.

Scarica la presentazione con i dati economici sulla provincia di Oristano.

Cristiano Erriu
Segretario generale CCIAA Cagliari-Oristano